La prima volta nella vita in cui ti accorgi di essere diversa, o di essere considerata tale, è difficile levarsela dalla testa, anche se è avvenuta in tenera età, anche se ormai sono passati tanti anni: la prima volta in cui la tua piccola, tenera, ingenua e pura anima di bambina si scontra con la realtà crudele e spietata e con il body shaming non si scorda mai.
Non sono mai stata all’asilo, sono andata direttamente alle elementari e questo, chissà, magari mi ha già risparmiato le prime sofferenze. Quando approdai in prima elementare mi scontrai col mondo. Un bambino mi chiamò “cicciona” e quello fu il mio unico nome, da quel momento in poi, per tutti. All’inizio non capivo bene, andavo da mamma e le chiedevo cosa significasse esattamente quella parola, cioè: avevo intuito, a grandi linee, il suo significato, ma non avevo ben capito perchè, quando la usavano su di me, mi guardavano con facce strane e ridevano. Quello che non avevo capito e che chiedevo alla mamma era “l’intenzione” di quella parola. Ebbene, come molte di noi ormai sanno bene, l’intenzione era, ovviamente, quella di ferirmi e di umiliarmi. Perchè?! Beh, lo sa solo Dio, nel senso che, il perchè, come primo istinto, un piccolo essere umano debba sentire quello di denigrare e ferire il prossimo, questo, beh, ancora non sono riuscita a spiegarmelo. Ero una bambina meravigliosa. Paffuta e con un caschetto alla Biancaneve. La mia infanzia fu, inutile dirlo, segnata. E da lì iniziò tutto. Continua a leggere